Portogallo - Algarve
L’ultima regione del Portogallo che mi restava da “esplorare” era l’Algarve, per cui mi sono deciso a organizzarmi nonostante il costo della logistica non fosse tra i più abbordabili.
Ciò che la rende meta turistica rinomata sono le spiagge dorate coronate da scogliere multicolori e il mare cristallino che, facendo parte dell’oceano Atlantico, è spesso agitato, tanto da diventare un paradiso per i surfisti.
Questa è stata la mia esperienza:
La voglia di conoscere il Portogallo era nata in una vacanza con gli amici nell’ormai lontano 1998. In quella mitica vacanza avevo visitato solo Lisbona e Albufeira; la capitale in quell’anno ospitava l’Expo (esposizione internazionale il cui tema era: “Oceani: un'eredità per il futuro” http://it.wikipedia.org/wiki/Expo_%2798) e la cittadina dell’Algarve è rinomata per animarsi in estate, dato l’enorme afflusso di turisti soprattutto giovani dai paesi anglosassoni e per le belle spiagge e scogliere che la circondano.
Da quella vacanza ho iniziato a documentarmi e a desiderare di tornare quanto prima in Portogallo (avvenne solo 5 anni dopo, alla vigilia degli Europei di calcio di Portogallo 2004) ma, per diversi motivi, l’Algarve era rimasto sempre fuori da ogni tour che è seguito.
Non che ci fosse un motivo per snobbare questa regione, ma l’afflusso turistico estivo (attivo già dagli anni ’60 del XX secolo) mi ha sempre tenuto lontano.
Prima o poi, però, non potevo non tornare anche qui ed in particolare non potevo non ripassare per Albufeira che da giovane mi aveva regalato “grandi soddisfazioni”.
Albufeira, vacanze, giovani, discopub, cerveja… ma il mio viaggio in Algarve lo avrei programmato per dicembre e quale occasione migliore per trascorrere proprio ad Albufeira la notte di Capodanno?
Questo è stato il primo punto fermo di questa mia vacanza in Algarve ed il punto di partenza per costruire un itinerario.
In fondo l’Algarve è stato per secoli una regione viva; le prime colonie risalgono fin alla preistoria, ma è con i fenici che si iniziarono a sviluppare i paesi organizzati che, mediante il commercio marittimo, iniziarono a prosperare.
In seguito arrivarono le dominazioni dei romani e dei visigoti fino all’invasione araba del VIII secolo; l’influsso di quella ricca civiltà si ritrova ancora in tutti i paesi con un minimo di storia; nella morfologia urbana, nella struttura delle case e perfino negli elaborati comignoli.
Lo sfarzoso “giardino” di Al-Gharb durò fino al XIII secolo quando fu completata la riconquista. Dopo aver unificato il regno, i sovrani modificarono il loro titolo in Re di Portogallo e Algarve; ciò denota l’importanza di questa regione, sia dal punto di vista commerciale che dalle origini culturali ormai completamente diverse dal resto del paese. Conferma inoltre la netta separazione tra il Portogallo e questa regione, differenza profonda che tutt’ora salta agli occhi.
Con la riconquista e la nascita del Portogallo, l’Algarve divenne il punto di partenza per la gloriosa storia navale che determinò il futuro di questa nazione. Fondamentale fu la vicinanza con l’Africa e la facilità di attracco che le insenature naturali permettevano; inoltre le continue brezze marine consentivano alle navi di prendere facilmente il largo.
Anche l’Algarve subì grossi danni dal terremoto del 1755 (vedi Lisbona) e dal seguente maremoto, tanto da perdere gran parte del patrimonio storico. Il marchese di Pombal, così come nella capitale, curò la ricostruzione di alcune parti della zona. Il suo influsso si vede soprattutto nel centro di Vila Real di Santo Antonio, sul confine con la Spagna, il centro storico riproduce fedelmente la pianta del quartiere della “Baixa” di Lisbona.
Come inizio di questo tour mi sembra doveroso parlare del clima; sono stato qui per 12 giorni in inverno (a cavallo del nuovo anno) e, senza esagerare, posso affermare di non aver visto una sola nuvola in cielo.
Un cielo sempre azzurro e nitido, un sole accecante che, con il bianco splendente degli intonaci di tutti i borghi antichi, rende impossibile guardarsi intorno se non socchiudendo le palpebre.
Gli occhiali da sole sono diventati, qui in Algarve, un “bene di prima necessità”.
Una vacanza all’insegna del sole e del caldo, quindi.
La temperatura primaverile ed il vento caldo rendono tutto innaturale, questa sensazione è la migliore conferma di un detto di queste parti: <<L’estate viene a trascorrere l’inverno in Algarve>>. Non è raro che in pieno giorno si arrivi sopra i 18-20° e la luce splendida fa risaltare tutto ciò che inonda.
Geograficamente l’Algarve è una striscia relativamente breve che si estende dal confine con la Spagna (l’Andalucia) verso oriente, fino a terminare con le alte scogliere di Cabo de Sao Viciente nell’oceano Atlantico a occidente. Su verso nord il confine con l’Alentejo corre quasi parallelo alla linea di costa a non più di trenta km nell’entroterra.
La linea costiera si può dividere, in base alla forma del litorale, in due settori diversi: verso la Spagna ci sono lunghe e sconfinate spiagge che dolcemente scendono in mare.
Fa parte di questa zona l’estesa laguna di Ria Formosa (Riserva naturale del Portogallo) che da Faro a Tavira divide l’entroterra dal mare aperto con isolotti di sabbia abitati da molte specie di volatili, alcuni di questi vivono esclusivamente in questa riserva, altri vi giungono solo per passare l’inverno in un clima del tutto mite.
Questa zona è conosciuta come la costa “Sotavento” (sopravvento).
L’altra parte, la costa “Barlavento” (sottovento), si estende da Faro fino a Cabo de Sao Vicente. In questo tratto di costa le scogliere si alzano in verticale per decine di metri e spesso fanno da riparo a spiagge bellissime o da fantasiosi “edifici” naturali con grotte ed archi rocciosi che cadono a picco nella limpida ed irrequieta acqua dell’oceano.
Questa parte di costa è il vero regno degli appassionati di surf anche perché l’acqua è abbastanza fredda anche in estate e bagni prolungati sono possibili solo con un abbigliamento adeguato (mute da sub).
Molto consistente è l’impronta che il turismo ha dato a tutta questa regione. In maniera molto precoce per il Portogallo, il turismo si è gradualmente sviluppato in Algarve già dagli anni ’60 ed imponente è stato l’afflusso di inglesi e tedeschi.
Come l'ho visto io...
Il Tour...
Come l'ho visto io...
Sono arrivato in Algarve pieno di speranze, ricco di tutte le esperienze fatte precedentemente in Portogallo. L’errore più grande è stato partire con grandi aspettative e questo, è un dato di fatto, procura grandi delusioni.
Non che ci sia qualcosa di brutto, tutt’altro. La natura risulta comunque essere la padrona di questi luoghi, nonostante la brama di denaro, tutta umana, abbia fatto il possibile per rovinarne buona parte.
Percorrendo le strade della regione, complice i colori della stagione ed il sole splendente che fa risaltare qualunque cosa gli si ponga al cospetto, sembra di guidare in un' immensa torta di meringhe al cioccolato.
Il paesaggio è dominato da basse colline a forma di cono più o meno spanciato. La roccia e la terra che le ricopre è di colore bruno, rosso o giallo ocra e, complice la stagione, una vegetazione verde che non riesce completamente a coprire il suolo. Non troppo rigogliosa, ma con un colore intenso da sembrare fuori luogo.
Il contrasto maggiore è dato dalle sconfinate piantagioni di aranceti che, per loro natura, hanno foglie di un verde smeraldo che alla luce del sole risaltano sul terreno scuro. Gli enormi frutti arancioni si accendono tra le foglie come gigantesche palle di Natale illuminate per l’occasione.
L’illuminazione, però, è tutta naturale, prodotta da un sole piccolissimo e potentissimo. Sì, si ha l’impressione che stia davvero in alto, perso in quell’immensità azzurra che è il cielo. Il cielo, questo sì, da l’idea che, anche al cospetto dell’oceano, non vi sia grandezza più sconfinata.
Questi i connotati che caratterizzano l’Algarve, e sono tutti proprietà esclusiva della natura. Magari le coltivazioni sono regolate e curate dalla mano dell’uomo ma, dati alla mano, tali coltivazioni esistevano già sotto i Fenici, molto prima dei mori. Popolazioni ben lungi dallo sfruttare la terra per puro scopo di lucro. Popolazioni la cui sopravvivenza era legata al raccolto di ogni giorno.
Probabilmente, avendo avuto i mezzi necessari, anche loro avrebbero sfruttato la terra, più che potevano. Ma per farne cosa? Il mercato è un invenzione antichissima, ma il lucro è relativamente recente.
A chi avrebbero potuto vendere quintali e quintali di arance se il loro mercato si limitava a qualche centinaio di clienti?
E inoltre, quando mai si sarebbero potuti permettere una sola settimana di vacanza quando, come detto, il cibo per sopravvivere usciva fuori dal lavoro di ogni giorno?
Torniamo sulla strada, parlavamo di meringhe al cioccolato, con una spolverata di menta. Ma vedrete che in estate la menta sarà quasi completamente scomparsa, almeno dove l’uomo non avrà l’interesse a coltivarla. Come nei numerosi campi da golf disseminati nella regione.
Queste splendide colline che modellano valli irregolari, ma che sembrano tutte uguali, disegnano corsi di fiumi che, per la loro brevità, sembrano aver lavorato tutto con la stessa diligenza. E’ difficile immaginare come possano aver scavato tutte quelle vallecole. Ma stiamo parlando del lavoro di una vita…
Arriviamo alle scogliere ed alle spiagge. Non ho problemi ad immaginare la forza delle onde che ha costruito questa linea di costa così frastagliata. Aperta e modellata come fosse burro. Parliamo di otre 50 metri di roccia che finisce in acqua, sciolta dal mare come ghiaccio a contatto con liquido bollente.
Dove il mare è stato più magnanimo ha lasciato qualche spiaggia che, dal nascere dalla roccia erosa, non poteva che prendere il suo colore. Stiamo parlando di giallo, di tutta la scala fino ad arrivare al rosso mattone o il rosso cupo. Ma è il giallo dell’oro a prevalere. Spiagge soffici in scaglie d’oro e silice. Spiagge silenziose che attenuano i ruggiti delle onde.
Spiagge, sabbia, non più roccia. La stessa roccia che faceva muro contro le onde e che, nel corso dei millenni, ha sempre perso la sua guerra. Perché nulla può niente contro la forza del mare. I navigatori portoghesi ne sanno qualcosa.
Torno sulla terra per parlare di chi la terra, spesso, solo infesta. Di me, dell’uomo.
Quando ha smesso di morire di fame, si è reso conto della bellezza, di quella che lui non aveva creato, della bellezza che la natura non gli aveva donato, era solo un suo modo di esprimersi e non poteva fare altrimenti.
Oggi l’ambiente appare deturpato, grattaceli, palazzi, villette a schiera, moli e locali chiassosi. Tutto per accogliere le dorate chiappe di chi, come me, viene per prendere più di quanto da.
Viene per rubare un raggio di sole, un granello d’oro e lasciare carta sporca. Così la vedo io.
Neanche il cibo ha granché di genuino. Le patate fritte hanno da decenni sostituito tutti gli altri contorni che un uomo poteva trovare nei dintorni. Insalate, verdure cotte, cereali, spezie, colori in tavola, profumi in aria.
Ora c’è il fritto, accompagnato da qualche pesce cotto alla meglio, arrosto, probabilmente. Arrosto che è veloce ed economico e permette di ricambiare un turista sazio con uno che pagherà per gli stessi 5 minuti di impegno profusi dal cuoco.
Questo è diventato l’Algarve. Questa è, se non si sta attento a cercare, la regione portoghese del consumismo, del turismo di massa e delle macchine scoperte. “Qui l’estate viene a trascorrere l’inverno” ma, l’inverno se ne vede bene di venire in estate. Magari poco più su si sta un po’ meglio. Mi hanno detto che c’è l’Alentejo che, per povero che sia, di brutte sorprese non ne fa quasi mai.
Per fortuna ho raggiunto il fondo, non mi resta che risalire...
Il Tour...
Inizio il mio giro per l’Algarve dal confine con la Spagna; qui la barriera è naturale in quanto il corso del Rio Guadiana è stato fatto coincidere con il limite tra i due stati.
Questo confine naturale tra i due stati storicamente rivali costituisce anche il “confine invisibile” del fuso orario, di là, un' ora avanti la Spagna con Parigi e Roma, di qua, il Portogallo con Londra e il fuso di riferimento di Greenwich.
Come in ogni terra che costituisce il confine, spiccano castelli che si innalzano da piccoli promontori di poche decine di metri. La posizione del castello di Castro Marim era già stata scelta come vedetta da romani e visigoti, infine dai sovrani del Portogallo come primo baluardo alla difesa del turbolento confine.
I ruderi del castello sono tuttora utilizzati come location per un festival medievale che si svolge in luglio, con tanto di bancarelle e pietanze in stile medievale, con tanto di saltimbanchi e rievocazioni storiche.
La zona pianeggiante circostante è adibita alla coltivazione di riso, spiccano dal maschio del castello le forme geometriche dei campi alluvionati e l’allevamento di ovini.
A pochi chilometri c’è Villa Real de Santo Antonio, quella che i cartelli turistici presentano come la “capitale dell’illuminismo portoghese”. Come accennato poco fa, lo schema del centro storico del paese risale al 1774. La sua progettazione avvenne a tavolino per mano del marchese di Pombal che, dopo il terremoto del 1755, si adoperò in prima persona per la ricostruzione del centro, facendolo diventare una copia perfetta della Baixa di Lisbona.
L’autostrada che taglia da est ad ovest l’Algarve cammina in questo tratto a qualche chilometro nell’entroterra; la mia direzione è il Paese di pescatori di Tavira ed in questo tratto, le basse colline alla mia sinistra degradano lievemente fino al mare e alle ampie spiagge della costa “sotavento”.
Tavira è un paese di pescatori che nell’aspetto non ha subito molte modifiche con l’avvento del turismo di massa, le case del centro sono generalmente decorate con piastrelle dai tenui colori se non con la tipica calcinatura bianca. Molte abitazioni antiche presentano i tipici tetti a cono rovesciato, che permettevano di smaltire velocemente la mole dei rari ma violenti acquazzoni tipici delle perturbazioni oceaniche.
Il castello che spicca sopra la città è poco più di un rudere, ma nasconde all’interno curatissimi giardini fioriti. Il colpo d’occhio sulla città è molto suggestivo, ma è insuperabile la vista del castello che corona il nucleo antico che si ha dal ponte romano, opera di inestimabile valore logistico, unico collegamento tra le due sponde del fiume che si conserva magnificamente nonostante i sui 2.000 anni di vita.
E’ proprio così, Tavira, paese di pescatori, sorge in realtà al riparo dal mare sulle due sponde di un fiume. L’oceano è lì a poche decine di metri e proprio dal fiume partono le imbarcazioni per le spiagge e la parte orientale della riserva di Ria Formosa.
Questo habitat perfettamente conservato si estende tra la terra e l’oceano con lagune e isolotti di sabbia per oltre 60 km, fino a Faro, il capoluogo dell’unica provincia che costituisce l’Algarve.
In questa fascia protetta vengono a superare l’inverno numerose specie di volatili migratori dall’Europa; altre specie, come il pollo sultano, si possono trovare in questa riserva.
Nei dintorni di Olhao, c’è un percorso che si addentra per qualche chilometro nella riserva di Ria Formosa, durante il tragitto si incontrano fattorie didattiche e luoghi di avvistamento.
La spiaggia luminosa fa da cornice agli isolotti di sabbia che si perdono all’orizzonte e gli scheletri di rimesse per le barche e dei pontili legano la zona a un passato legato alla pesca neanche troppo remoto.
Il capoluogo della provincia è Faro con neanche 60.000 abitanti, il centro storico e l’immediata periferia appaiono vivaci e consumate dalla vita di mille anni di storia. Città già fondata dai romani ed abitata fino ai giorni nostri.
Faro è anche un centro universitario ed episcopale e il borgo dentro le mura rivela tutta l’importanza di questo piccolo centro portoghese.
L’ampia piazza di fronte alla cattedrale (la Sé) è circondata da piante d’arancio con i frutti che realizzano un bellissimo mix di colori, verde smeraldo delle foglie, l’arancio vivo dei frutti e la cornice bianca delle case con i tetti rossi ed il cielo azzurro terso.
La salita in cima al campanile della Sé apre ad un panorama verso la città e verso la laguna in cui gli specchi d’acqua fanno brillare l’oceano come fosse di argento fuso.
Il “Museu regional de Faro” è un piccolo museo ricavato in un ex convento alle spalle della cattedrale, la collezione è molto interessante e non troppo estesa. A reperti di epoca araba si aggiungono quelli di epoca romana con mosaici e statue. Una bellissima sala di almeno 20 metri crea, con suoni e musica, un’atmosfera particolare dove la sapiente disposizione dei reperti romani completa la suggestione. Molto interessante una sala al piano superiore che si affaccia sul chiostro dove artisti locali hanno riprodotto con un unico quadro le leggende di fantasmi o personaggi, tipiche della zona.
Il paese nelle immediate vicinanze delle mura è costituito per lo più da palazzi del ‘700 che ospitano negozi e locali. La pavimentazione è in decorazioni bianche e nere di sampietrini, che descrivono a dovere la pazienza di artigiani intenti a lastricare tutte le vie centrali di ogni paese.
Lascia impressionati anche la Igreja do Carmo dove la cappella ricavata nel cortile è decorata con ossa e teschi di frati morti. Questo macabro stile tutto portoghese vuol far ricordare agli uomini che nulla è eterno e che l’unico destino che ci accomuna è la morte.
La sensazione che lascia Faro, ma che si ritrova in tutto l’Algarve, è di un paese che si presenta come un palcoscenico di fronte agli occhi dei visitatori di turno senza però lasciare impressionati. Tutto ciò che il passato ha lasciato è organizzato a dovere per deliziare gli occhi di chi osserva ma che, dietro la facciata, l’anima si sia un po’ persa.
I dintorni di Faro nascondono centinaia di paesi, ognuno dei quali andrebbe scoperto; Loulè, Olhao e molti altri. Tutti con caratteri simili a Faro.
Non mi sono concentrato tanto sui paesi quanto sulle particolarità della zona. Il palazzo di Estoi, costruito da un eccentrico possidente Portoghese ed arredato come i palazzi rinascimentali francesi. Stucchi, legni pregiati e colori pastello a caratterizzare ogni sala. Dopo diversi passaggi di proprietà ed altrettante destinazioni d’uso è stato ristrutturato ed ora ospita un Parador di lusso. Le sale antiche si possono visitare liberamente chiedendo il permesso alla reception della struttura.
Sempre nei dintorni mi sono spinto fino ad Alte, indicato da una guida come paese caratteristico dell’Algarve. Nascosto dal mare su belle colline dalla vista dell’oceano, Alte non è altro che un paesino in attesa di turisti che, soprattutto in estate, si spingono fin qui alla ricerca di qualcosa di esotico. Carino, tenuto bene, ma poco altro.
Sulla strada del ritorno verso Faro, ultima meta della giornata, ma visita agognata da quando mi venne regalata la guida del Portogallo, è la cappella De São Lourenço de Almancil. Riesco a bloccare la gentilissima signora che sta chiudendo la chiesa e le spiego che vengo dall’Italia giusto per vedere questa cappella. Non serve un grande sforzo per convincerla visto che è già tornata indietro ad accendere le luci. Cerco solo di farle capire quanto apprezzo la sua disponibilità. Pago l’euro richiesto per la visita e, nel silenzio della sera, mi godo una vera e propria visione. Pannelli di azulejos che ricoprono completamente la cappella, le pareti laterali, quella di fondo e la volta, un paradiso di immagini bianche e azzurre.
Poi l’altare ricoperto di foglia d’oro che, con lo splendente giallo, crea un contrasto stupefacente e accende tutto lo spazio sacro. L’altare è cosparso di grappoli d’uva matura e putti in ogni posa. Tutto a fare da cornice alla statua di San Lorenzo, anch’essa ricoperta d’oro e ogni scena, ogni immagine si rifà alla vita del santo venerato.
Questo gioiello barocco tutto portoghese nacque per adempiere ad un voto che gli abitanti di Almancil fecero al santo venerato. Stavano scavando infruttuosamente un pozzo per estrarne dell’acqua, fonte di vita per una comunità rurale. A vedere questo capolavoro l’acqua sgorgò copiosamente!
Siamo all’ultimo giorno dell’anno ed il mio appuntamento con Albufeira per il Capodanno è arrivato. Arrivo in tarda mattinata in albergo e parcheggio l’auto in un parcheggio custodito. Pranzo con un pollo arrosto e mi godo il sole della città aspettando l’apoteosi dei festeggiamenti.
Albufeira ha l’aspetto del tipico paese da villeggiatura, non lo ricordavo molto diverso. Piacevole il colpo d’occhio con case e palazzi arroccati sulla scogliera. Di storico è rimasto ben poco e l’hotel in pieno centro mi permette di vedere tutto in poco tempo.
Quello che è cambiato in più di 10 anni è il carattere dei locali, da semplici bar da spiaggia si sono trasformati in moderne discoteche con luci ed insegne al neon all’avanguardia. Maxi-schermi sulle strade più popolose proiettano in continuazione partite di calcio inglese perché è proprio dagli anglosassoni che arriva la maggior parte della ricchezza.
I pub vendono birra inglese dove prima si beveva una più scadente birra portoghese o spagnola (Sagres o Aguila), ma molto più a buon mercato. I prezzi sono ovunque elevati, al pari di un pub italiano.
Un aperitivo prima di cena mi è costato quanto tutta la cena che, visto l’andazzo, ho consumato nella stessa rosticceria del pranzo. Con 20€ ho mangiato e bevuto fino a mezzanotte. I chioschi di birra low-cost li hanno comunque conservati su carrelli ambulanti, di sicuro hanno venduto molta birra per le 20 o 30.000 persone accorse per la notte di bagordi.
La notte è di sicuro all’altezza delle aspettative e la nottata troppo breve per riposarsi.
Comunque mi attendono altri 4 giorni in una zona abbastanza ristretta e spero di recuperare il sonno nelle notti a venire.
Il prossimo obiettivo è Lagos e la zona fino a Cabo de São Viciente, ricca di spiagge nascoste tra le scogliere e piccoli paesi caratteristici; prima di arrivare, però, mi concedo una deviazione verso Silves, nascosto tra le colline tra Albufeira e Portimao.
Il paese viene presentato come una tranquilla località collinare circondata da aranceti, dove il tempo è fermo e la vita sembra avere ancora una dimensione umana. Credo che in estate qui arrivino molti turisti attratti da un paese solitario come questo e l’inverno questo carattere è esaltato molto di più.
La cattedrale, che spicca sui tetti sin dalla strada che porta in centro, nasce su una ripida strada acciottolata e molto dissestata. La piazza è molto carina se vista con gli occhi dell’inusuale, del genuino. Le mura della chiesa, come tutto in zona, sono costruite con la pietra rossa che si scava nei dintorni e la colorazione ocra e rosata si ritrova in tutto il paese.
Anche il castello, pochi passi sopra la cattedrale, ha alte mura di un colore rosso cupo e su un muro di fronte l’ingresso della cattedrale spicca, sollevato da terra di almeno 2 metri, un elaborato portare in stile manuelino che doveva essere l’ingresso alla cappella di cui fa parte. Ora rimane come cornice ad un portone di legno, bizzarra opera appesa ad un muro di calce bianca.
Le colline intorno Silves sono verdi e rigogliose, le coltivazioni di aranci sono molto estese e rappresentano il vero carattere distintivo di tutta la regione; ridiscendere il fiume Arade mi porta dritto verso Lagos che sarà il quartier generale per i prossimi 5 giorni.
Il piccolo paese di Lagos ha una ricca storia alle spalle, da qui e da insenature poco distanti partirono le navi portoghesi alla scoperta di mondi sconosciuti e nuovi mercati.
Il paese sorge poco distante dall’oceano sulle rive del fiume Rio Bensafrim. Questa di sorgere al riparo dal mare aperto è una caratteristica di molti paesi che ho visto qui in Algarve, quando non c’è una scogliera a proteggere dalla rovinosa furia dell’oceano si trova riparo nell’entroterra sfruttando lo sbocco sul mare regalato dal fiume.
Interessante la parte vecchia della città con la zona bassa caratterizzata dalla chiesa principale ed alcuni edifici storici come l’ospedale e la dogana, il cui bellissimo loggiato a forma quadratane era l’ingresso, oggi ospita il museo di arte contemporanea di Lagos.
Qui nella spianata venne celebrata la messa prima della partenza per l’infruttuosa spedizione verso…. E dalla “finestra manuelina Don … fece l’ultimo discorso prima della partenza.
Salendo verso la parte alta si incontra il museo …, con una collezione eterogenea che spazia dalla preistoria fino ai giorni nostri con circa venti sale piene di oggetti.
Il pezzo forte, per cui vale la pena pagare il biglietto, è la Igreja de Santo Antònio. Anche questo è un gioiello barocco in puro stile portoghese, con decorazioni e sculture ricoperte d’oro, navate con dipinti di cui non conosco l’autore o il valore ma che fermano il tempo di questo ambiente al XVII secolo.
L’atmosfera da luogo di villeggiatura rinomato è stemperata dalla bassa stagione, le viuzze e le piazzette si svuotano al calar del sole per far spazio ai pochi vacanzieri che hanno voglia di spendere le ultime ore della giornata.
E’ d’obbligo parlare delle piccole spiagge intorno a Lagos, soprattutto quella in prossimità del forte che un tempo faceva da vedetta al porto e all’ingresso del fiume.
La sabbia dorata (come in tutto l’Algarve) appare soffice pur se di grana grossa, le rocce a picco sulla spiaggia fanno tramontare presto il sole ma che dopo pranzo è veramente piacevole.
Sull’altro lato del fiume, ad un paio di chilometri di distanza, si scorge una spiaggia immensa priva di scogliere. La immagino in estate brulicante di persone, quando il sole tramonta tardissimo e il cielo rimane illuminato fin quasi alle dieci di sera. Immagino questo posto in estate tanto da rimpiangere di trovarmi qui solo in inverno; sarà comunque uno stimolo per rivedere questo luogo in un'altra stagione.
Il programma per la visita dei dintorni prevede una sosta a “Ponta da Piedade”. Si tratta della lingua di roccia che da Lagos si spinge più a sud per poi virare a ovest fino a Cabo de Sao Viciente compiendo un arco convesso verso l’Africa.
In questa parte della costa Barlavento si aprono numerose spiagge nascoste da barriere rocciose, frequentate soprattutto da surfisti provenienti da tutta Euorpa.
Si arriva a “Ponta da Piedade” dall’alto di una scogliera a picco sul mare, i numerosi gradini scendono fino ad arrivare in un anfiteatro di roccia dove denti di roccia si innalzano dalle acque. Denti staccati dalla scogliera e spinti dalle onde a tornare indietro.
Un arco di roccia si apre davanti a me e i ruggiti gutturali del mare che s’insinua nelle grotte lasciano percepire l’irrequietezza delle acque, calme a prima vista.
Allontanandomi da Lagos in direzione ovest arrivo in poco tempo a Sagres, luogo dove l’infante Don Enrique (figlio del Re Giovanni I) fondò nel XIV secolo la prima scuola di navigazione e cartografia e stabilì qui il punto di partenza designato per le scoperte delle nuove rotte oltre oceano.
Oggi a Sagres resta un ampio forte a vedetta del mare e un paese che si anima soprattutto in estate con orde di turisti ma che mantiene un buon traffico anche in inverno grazie ai surfisti.
Poco oltre si arriva a Cabo de Sao Viciente, un faro e una scogliera altissima spazzata costantemente dal vento attirano centinaia di turisti al giorno. Il faro costituisce l’angolo in cui la costa del portogallo, scendendo dalla Galizia a nord fin qui, vira in direzione ovest-est allungandosi verso l’Andalusia.
E’ normale vedere, dai due lati del faro, correnti diverse che attaccano le scogliere e qui, da oltre 50 metri di altezza, si sente il rombo lontano provenire da tutte le direzioni, modulato dalle insistenti raffiche di vento.
Mi accosto sempre più al margine della scogliera per provare quel brivido che da l’altezza e mi accorgo di una lapide ai miei piedi messa a monito di chi, come me, ha voglia di spingersi più avanti.
C’è scritto il nome di un ragazzo tedesco di ventitré anni che è caduto dalla scogliera proprio da questo punto; la targa è esplicita, mette in guardia chi passa di lì a non compiere lo stesso stupido gesto. Con la pelle d’oca emetto un sospiro e guardo il mare, mi giro sui miei passi e torno alla macchina.
Tornando verso Lagos mi lascio tentare dall’insegna dello zoo. La visita è divertente, non ci sono animali esotici, non molti, e la maggior parte delle aree riservate agli animali è priva di recinzioni. A fare da barriera solo un canale di 2 metri in cui scorre abbondante acqua.
Interessante l’alto numero di specie di primati ma a impressionarmi di più sono gli ibis rossi, di un rosso talmente tanto acceso da sembrare artefatto.
La visita allo zoo è particolarmente indicata per i bimbi poiché all’interno è ricavata una fattoria didattica con tutti gli animali che la compongono.
Dall’altro lato di Lagos c’è Portimao, città industriale non troppo interessante, e Alvor, piccolo paese di pescatori. Sia Portimao che Alvor sorgono in prossimità del mare ma non direttamente sulla riva. Anche questi due sorgono sulle rive del fiume che sfocerà in mare di lì a pochi metri.
Alvor è minuscolo e tutto arroccato su una collina che degrada fino all’ampio molo ricavato nell’estuario del fiume Farelo.
Il piccolo paese si anima solo in estate dove la popolazione triplica la portata nonostante che in zona non ci siano molti alberghi. Mi accorgo però che gran parte delle case viene messa in affitto per il periodo estivo.
Diverso il discorso di Portimao. A sud del centro e appese in cima alla scogliera ci sono centinaia di strutture turistiche, da alberghi di lusso a pensioni, c’è il casinò ed una serie infinita di locali.
Ai piedi della scogliera si apre una spiaggia spettacolare, una delle più rinomate del Portogallo, Praia da Rocha. Il litorale è ampio 300 metri nel punto più largo per una lunghezza di almeno due chilometri. Alle spalle la solita scogliera con striature ocra e rosse; un mare verde smeraldo e il cielo azzurro intenso completano un quadro di colori impressionante. Certo, non bisogna guardare troppo ai palazzi che uniformano l’orizzonte verso terra. Visti da qui sembrano tutti uguali e molto poco poetici.
L’ultimo tratto di strada per uscire dall’Algarve l’ho fatto attraverso la Sierra de Monchique verso nord. Già sotto l’impero romano questa zona era famosa per le acque termali e le foreste rigogliose con particolari piante che rendevano l’aria balsamica. Tuttora c’è un rinomato centro termale che da vita ad una zona che ha carattere prevalentemente rurale
La strada ridiscende a ovest verso Alejzur e Odeceixe dove l’omonimo fiume definisce il confine con l’Alentejo. La spiaggia dove sfocia il fiume Odeceixe è molto frequentata dai surfisti con un importante scuola di surf. Il fatto che la spiaggia sia rivolta ad ovest e non protette come quelle della costa sud dell’Algarve ha preservato questa zona che appare più selvaggia di quelle viste fin ora.
Anche qui la sabbia è molto soffice e sembra aver perso un po’ della doratura che hanno le sue sorelle più rinomate.
ma secondo voi qual èla città meno ventosa e più tranquilla x una coppia di pensionati che vogliono trasferirsi in Algarve?
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