Alentejo - l'ultimo paradiso d'Europa

"Il villaggio di [...] era un posto incantato: il più insolito, uno dei più interessanti, certo il più sereno e pacifico in cui sono stato. [...] 
Ma che non ci vada nessuno credendo di trovare quel che ci ho trovato io, perché ognuno fa di ogni cosa [...] quello che vuole, quello di cui, in quel momento, ha bisogno. E niente, niente come la fantasia aiuta a vedere la realtà." TT

Cinquanta chilometri a nord-est di Évora lungo l’autostrada che collega il Portogallo alla Spagna, si arriva ad Estremoz. 

Estremoz è un paese arroccato sul dolce pendio di una bassa collina; la parte bassa si sviluppa attorno alla piazza del ‘Rossio’ con ristoranti e bar, spicca nella piazza il convento dos Congregados del XVII secolo, oggi adibito ad altri usi. 
La parte alta è dominata dal castello e dal borgo medioevale. Nel castello, oggi trasformato in ‘Pousada’ (alberghi di lusso in residenze storiche, spesso gestiti dallo stato), è passata una parte della storia del Portogallo. Nel 1336 vi morì Isabella, moglie del re Dionigi e in seguito fatta santa; la regina abitò il castello fino alla fine dei suoi giorni. Sfortunatamente non sono riuscito a vedere la ‘Capilla de Santa Isabel’, presentata dalle guide come un gioiello di Azulejos. Il fatto è che l’ingresso è consentito solo se il custode è nella cappella, ma i nostri orari, non so per colpa di chi, non sono mai coincisi. La scoperta di Estremoz è passata anche per il mercato settimanale (sabato).


Sotto una pioggia battente, ho felicemente scoperto che un negozio di cinesi vende ombrelli ‘made in China’ e asciugamani ‘made in Portugal’. E’ infatti molto sviluppata in Portogallo l’industria del cotone di qualità.


Salendo verso nord fino ai confini dell’Alentejo c’è la Sierra de São Mamede con due perle da scoprire.

Castelo de Vide è il classico paese che ti sorprende già avvicinandoti, proprio il primo impatto mi servì da “scusa” per fermarmi qualche ora. Avevo come obiettivo di arrivare a Marvao, ma il poco tempo speso qui è stato gratificante.
Questo paese meriterebbe molto più di qualche ora; solo la “Judiaria”, l’antico quartiere ebraico, è un labirinto aggrappato alla ripida costa di un colle. Lo spirito dell’Alentejo, il silenzio e il colore di questa terra, li ho trovati in una bellissima e timida piazzetta che si apre in fondo ad una ripida scalinata. 



La ‘Fonte da Vila’, un’antica fonte che, insieme a poche altre, riforniva di acqua il paese, è coperta da un baldacchino di pietra ed è incorniciata da case bianche con colorati gerani ai davanzali. Case antiche come gli anni del Portogallo, non di più.
Il bianco e il silenzio sono i due caratteri peculiari dei paesi portoghesi, sembra una sorta di timidezza, di timore reverenziale; le uniche persone che si spingono fin qui sono solo portoghesi, o amanti del Portogallo, al massimo turisti spagnoli visto che il confine è vicino.
E’ vero che per alcuni secoli il ‘mondo’ cominciava ad ovest del Portogallo, oltre l’oceano. Durante l’epoca d’oro delle scoperte erano le navi portoghesi  che approdavano in altre terre, marinai ed esploratori come ‘turisti interessati’.
Arrivo finalmente a Marvao, città che già dall’aspetto si dichiara come sentinella rivolta verso quello che un tempo era un burrascoso confine con la Spagna.Paese circondato da mura difensive ed arroccato su una cima scoscesa; fuori le mura della città era annunciato l’imminente incoronazione a patrimonio dell’umanità UNESCO; immaginate se una semplice carta poteva stare fuori posto.
Case bianchissime e pitturate di fresco, le cornici di porte e finestre con i ‘soliti’ colori portoghesi: senape, azzurro ma anche rosso scuro. Nella parte alta del paese il castello e una piccola chiesa si affacciano oltre il dirupo a sentinella di probabili invasori spagnoli.
Il paese si trova al limite nord del ‘Parque Natural Sierra de São Mamede’ e la visuale che si apre versola Spagna è spettacolare, una vasta pianura da cui spiccano punte montuose relativamente alte; una leggera foschia nasconde l’orizzonte.

Mi re-immergo nell’Alentejo più autentico percorrendo la linea di confine fino ad Elvas, da sempre avamposto di frontiera. Il fatto che il confine si sia mosso sempre intorno a questo paese lo rende la ‘Dogana’ per definizione.

Di certo non è un paese nel puro e semplice senso del termine, il fatto che si incontrino negozi che vendono merce di tutti i tipi, tessuti, abbigliamento, spezie e prodotti agricoli, fa sembrare Elvas come un bazar tipico dei posti di frontiera.
La piazza principale si presenta come una scenografia imponente, le facciate dei palazzi non nascondono un passato florido del paese. Prima con i commerci tra popoli confinanti poi di contrabbando quando i due stati si sono trovati nel pieno di dittature.
La marcata pendenza della piazza concede un impatto imponente alla chiesa principale (In Portogallo si chiama Igreja Matriz) posta sulla parte più alta. Dietro la chiesa c’è una bellissima piazzetta triangolare che conserva, nel centro, un ‘pelourinho’ (il palo della gogna) moto lavorato. Tutti gli edifici che si affacciano sulla piazza offrono un colpo d’occhio che non lascia indifferenti.

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